Cosa succede agli orfani di femminicidio
Cosa dice la legge riguardo ai minori quando il padre uccide la madre; la storia di Anna Sviridenko, bielorussa, uccisa dall'ex marito in Italia
Morire lontano da casa
Anna Sviridenko era nata in Belarus, una nazione così piccola e così poco conosciuta da essere facilmente confusa con la Russia. Anna Sviridenko aveva quarant’anni ed era medica, assunta dall’ospedale di Innsbruck, in Austria, ma aveva sposato un uomo italiano e con lui aveva avuto due bambini, che oggi hanno 3 e 5 anni. In fase di separazione dal marito, stava seguendo una specializzazione a Modena per poter stare vicina ai figli. Il giorno in cui il tribunale di Innsbruck ha sancito che lei aveva diritto all’affido esclusivo dei bambini, l’ex marito l’ha ammazzata, poi si è costituito.
Quella di Sviridenko sembra essere una storia di femminicidio come un’altra, in cui c’è un uomo che non accetta l’autodeterminazione della donna che un tempo è stata sua partner. Quello che però ci racconta è anche che quando muore una donna, e in particolare una madre, ci sono dei bambini che da quel momento perdono tutto, mamma, papà e vita come l’avevano sempre conosciuta.
Molte delle donne uccise hanno figli. Sono gli orfani speciali, così definiti dalla criminologa e psicologa Anna Costanza Baldry, che per tutta la sua vita di studiosa si è occupata delle vittime di reati, in particolare donne e minori. Sono minori (e non solo) che hanno perso la madre e, al tempo stesso, il padre. O perché si è suicidato dopo aver ucciso la compagna o ex, o perché è in carcere.
Così è per i due bambini di Anna Sviridenko. Ma nel suo caso la situazione è ulteriormente complicata. In un primo momento, i bambini sono stati affidati ai nonni paterni. I nonni materni e la zia materna vivono in Belarus. Il paese è governato da una dittatura dal 1994 e dal 2020, a causa delle violente repressioni in occasione delle elezioni presidenziali, poi del dirottamento di un aereo su cui volava un oppositore e infine per l’appoggio a Putin nell’invasione dell’Ucraina, è sottoposto a pesanti sanzioni. Tra queste, anche la cancellazione totale di qualsiasi collegamento aereo tra i paesi dell’UE e Minsk.
Andare e venire dalla Belarus, oggi, è un’operazione molto difficoltosa, lunga e costosa. I genitori di Anna Sviridenko hanno impiegato alcuni giorni per ottenere in urgenza presso il consolato italiano a Minsk (i rapporti tra i governi sono pessimi) il visto per l’Italia, obbligatorio, e poi hanno dovuto affrontare un viaggio di quattro giorni per arrivare a Modena, spendendo cifre elevate, soprattutto se rapportate agli stipendi locali. Per arrivare in Italia si deve per forza passare dalla Turchia, oppure dalla Georgia, o ancora dalla Serbia. Attraversare il confine via terra è pressoché impossibile perché quello con la Polonia è chiuso (è stato costruito un muro da quando il governo bielorusso ha venduto dei “viaggi all inclusive” con destinazione - illegale - Unione Europea) e quello con la Lituania, essendo ormai l’unico aperto, ha una coda di diversi chilometri.
Immaginate due genitori, a cui è stata ammazzata la figlia, che devono affrontare queste conseguenze pratiche e burocratiche, nonché economiche.
Il funerale di Anna è stato celebrato il 24 giugno, due settimane dopo la sua morte. Solo grazie all’impegno di alcuni amici della donna e a una raccolta fondi è stato possibile muoversi velocemente per far rientrare la salma in Belarus, dove verrà seppellita. Se il viaggio per arrivare in Italia è lungo e costoso, quanto potrà esserlo quello di una bara che non può nemmeno essere trasportata su un volo diretto?
Restano poi i bambini. La famiglia di Anna ha trovato, sempre grazie all’impegno degli amici della figlia in Italia, degli avvocati che li seguiranno, presumibilmente, se vorranno costituirsi parte civile nel processo per omicidio volontario aggravato a cui sarà sottoposto il genero reo confesso. Ma soprattutto che li seguiranno nella lunga e tortuosa strada per la richiesta di affidamento dei nipoti, che sono nati in Italia e hanno la cittadinanza italiana.
Purtroppo, come dicevamo, i rapporti con la Belarus (e quindi anche con le rappresentanze in Italia) sono difficili. Le adozioni sono bloccate ormai da tempo, nonostante ci siano famiglie in attesa da anni. L’accoglienza ai cosiddetti “bambini di Chernobyl” ha subito uno stop totale a causa del Covid e non è mai più ripartita come prima. Le cittadine e i cittadini bielorussi in Italia non possono rinnovare il passaporto, o sposarsi.
La strada dei genitori di Anna Sviridenko per ottenere la custodia dei nipoti è lunga e tortuosa.
Il Tribunale per i minorenni dovrà infatti decidere a chi verranno affidati i bambini. Normalmente i parenti interessati a chiedere l’affidamento (nonni, zii, e comunque parenti fino al terzo grado) si costituiscono in giudizio, verrà poi svolta un’istruttoria, verosimilmente una CTU, ci saranno relazioni dei servizi sociali, indagini sulla vita dei bambini e sulle capacità economiche delle parti, sull’idoneità dell’alloggio ecc, tutto volto a capire quale sia l’interesse preminente dei minori.
Che non necessariamente coincide con le aspettative degli adulti coinvolti: è comprensibile che i nonni materni, a cui è stata uccisa una figlia, vogliano i nipoti con sé ma, specie in casi come questo, dove i bambini dovrebbero cambiare nazione e lingua, non sarà semplice.
È ovviamente difficilissimo decidere con chi dovranno stare i bambini rimasti orfani, e in alcuni casi, se non ci sono persone idonee (magari perché i nonni sono troppo anziani), si potrà decidere per l’affidamento.
Questo succede alle bambine e ai bambini il cui padre ammazza la madre: non c’è più certezza, non c’è più famiglia, è tutto da rifare. E a volte non ci si riesce.
I genitori di Anna hanno aperto un conto corrente in Italia per raccogliere fondi per il funerale e le spese processuali. È stata l’avvocata che li segue a comunicarcelo personalmente. Chi vuole può contribuire con un bonifico. Le coordinate sono:
Alena Svirydenka
IT 40Z 0200812907000107145890
UNICREDIT FILIALE V.LE CORASSORI MODENA
Cosa dice la legge in caso di orfani di femminicidio
Nel 2018 è stata promulgata una legge (la legge 4 del 2018) a tutela degli orfani di femminicidio, una totale novità in Europa.
La legge prevede diverse disposizioni a tutela degli orfani di femminicidio: il sequestro obbligatorio dei beni dell’omicida, l’accesso al gratuito patrocinio, l’assistenza medico-psicologica, la sospensione per l’omicida della pensione di reversibilità e del diritto all’eredità, la possibilità per l’orfano di modificare il cognome.
Prevede una tutela degli orfani di crimini domestici anche attraverso modifiche alla disciplina della provvisionale, la cui finalità è anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime del reato. La provvisionale è infatti una somma di denaro liquidata dal giudice in favore della parte danneggiata, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva.
La legge prevede che il giudice in sede di condanna - a prescindere dal carattere definitivo della stessa - deve assegnare loro a titolo di provvisionale una somma pari almeno al 50% del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile. Se già ci sono beni dell'imputato sottoposti a sequestro conservativo, questo si converte in pignoramento con la sentenza di primo grado, sempre nei limiti della provvisionale concessa.
È prevista, dal 2020, anche l’assegnazione alle famiglie affidatarie di 300 euro al mese per ogni minore, borse di studio, orientamento e avviamento al lavoro, sgravi fiscali per chi assume, rimborso delle spese mediche e sostegno psicologico.
Le associazioni lamentano però un iter eccessivamente complicato e farraginoso, che si trasforma in un’ulteriore fatica per le famiglie già provate.
I femminicidi dal 1° al 30 giugno 2024
Gergana Kaltcheva Todorova aveva 66 anni ed era di origini bulgare. Viveva a Nettuno, in provincia di Roma, dal 2021. Da un paio di anni viveva al piano di sopra della villetta di proprietà di un uomo di 88 anni. Secondo la stampa, la donna si era trasferita in quella casa per lavorare come badante, ma poi tra i due sarebbe nata una relazione. Sempre secondo le fonti, lei aveva deciso di andarsene. L’ha uccisa il 6 giugno 2024 e poi si è suicidato. La notizia di Gergana non fa notizia: era una donna con background migratorio, vecchia e povera.
Anna Sviridenko aveva 40 anni ed era bielorussa. Era medica e stava prendendo una specializzazione in radiologia. Viveva tra Innsbruck, dove aveva un posto in ospedale, e la provincia di Modena, dove vivevano i figli e l’ex marito. Era una donna pacata e solare, dedita al lavoro e ai suoi bambini. I genitori e la sorella vivono a Minsk. È stata uccisa dall’ex marito il 10 giugno 2024.
Giusy Levacovich aveva 39 anni e viveva a Buggiano, in provincia di Pistoia. Era una donna di origini rom e madre di tre bambini. A causa del forte razzismo ancora provato per le persone romani, di lei si sa poco. È stata trovata impiccata a un albero nel giardino di casa sua, il 10 giugno 2024. Per la sua morte è indagato il marito.
Maria Dolores Cannas aveva 57 anni e viveva a Sinnai, alla periferia di Cagliari. Era una casalinga. Di lei non si sa niente, ennesima madre ammazzata. L’ha uccisa il figlio il 16 giugno 2024.
Ornella Veschi aveva 87 e viveva a Senigallia col figlio, che aveva problemi mentali. La donna aveva chiesto più volte aiuto, anche il giorno stesso del suo femminicidio. È stata uccisa da suo figlio il 17 giugno 2024.
Serenella Mugnai aveva 73 anni e viveva ad Arezzo. Aveva lavorato come rappresentante e non aveva figli. Era malata di Alzheimer. È stata uccisa dal marito il 20 giugno 2024 perché, a detta della stampa, per lui era troppo difficile occuparsene.
Ignazia Tumatis aveva 59 anni e viveva a Cagliari. Era madre di 4 figlie ormai grandi. Viveva ancora col marito, ma erano separati in casa. Secondo le testimonianze, lui era controllante e quella di Ignazia era una vita di umiliazioni. È stata uccisa dal marito il 20 giugno 2024, quando è rientrata a casa dopo aver visto la partita dell’Italia. L’uomo ha raccontato che lei gli ha riso in faccia, e lui non c’ha visto più.
Maria Teresa Florez Chavez aveva 65 anni ed era di origini peruviane. Viveva a Firenze col marito e lavorava come infermiera nel reparto malati di Alzheimer dell’ospedale di Careggi. Sarebbe andata in pensione tra poco. Da quattro anni insieme al marito aveva accolto in casa il nipote adolescente, proveniente dal Perù. Lui l’ha uccisa strangolandola il 24 giugno 2024.
Maria Orlandi aveva 75 anni e viveva a Beinette, in provincia di Cuneo. Era malata di Alzheimer, aveva un figlio adulto. L’avrebbe strangolata il marito il 28 giugno 2024.
Il podcast
Ricorda il mio nome è un podcast mensile, lo trovi su Spotify, Apple Music, Amazon Music, Google Podcasts e YouTube. L’ultimo episodio è uscito il 15 giugno 2024 e racconta la storia di Lucia Bellucci, uccisa dal suo ex che non ammetteva la fine della relazione. Il prossimo episodio uscirà il 15 luglio 2024 sulle stesse piattaforme e sarà un episodio speciale, che conterrà tre storie. Se ti piace il nostro lavoro, puoi parlarne, condividerlo sui social e lasciare una recensione sulla piattaforma che usi.
Chi siamo
Anna Bardazzi è nata a Prato e dopo più di dieci anni all’estero oggi vive a Milano. È autrice e copy writer e ha pubblicato il romanzo La felicità non va interrotta (Salani).
Su Instagram è @bardazzi.anna
Roberta Sandri è avvocata con studio a Trento, si occupa principalmente di diritto di famiglia, dei minori e della persona. Ha una specializzazione in Scienze Criminali ottenuta presso l’Università Montesquieu di Bordeaux.
Su Instagram è @avvocata.di.famiglia