Perché confessare non basta
Le indagini nonostante la confessione, le statistiche della violenza di genere in Italia, la differenza tra molestia e violenza sessuale.
Che differenza c’è tra violenza sessuale e molestia?
La storia di Gilberta Palleschi ci dà la possibilità di affrontare un tema importante e, a volte, non chiaro. Perché Antonio Palleschi è stato giudicato e condannato anche per il reato di violenza sessuale, se non ha avuto un rapporto sessuale con la donna? E quello che denunciano le altre donne, avvenuto anni prima, è da considerarsi molestia o violenza sessuale?
La violenza sessuale è disciplinata dall’articolo 609 bis del codice penale, che dice:
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Il legislatore, però, non dà una definizione di “atti sessuali”, rimettendosi alla giurisprudenza che, come abbiamo detto più volte, evolve con l’evolvere della società e della sensibilità condivisa. Molte volte, nei tribunali si definiscono violenza sessuale anche le molestie sessuali consistenti in atti concludenti.
Masturbarsi su qualcuno È quindi violenza sessuale. Palpeggiare qualcuno È violenza sessuale. Nel nostro ordinamento, le molestie sessuali di natura fisica, quindi palpeggiamento incluso, sono punite dal codice penale a titolo di violenza sessuale.
In aiuto arriva anche la Convenzione di Istanbul. L’articolo 36 della convenzione fa già una precisazione: si chiama “Violenza sessuale, compreso lo stupro”, e fa rientrare nella definizione di violenza sessuale i seguenti comportamenti intenzionali:
a) atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un'altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; b) altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso; c) il fatto di costringere un'altra persona a compiere atti sessuali non consensuali con un terzo.
La Convenzione di Istanbul si esprime anche sulle molestie sessuali, all’articolo 40:
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona, segnatamente quando tale comportamento crea un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, sia sottoposto a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali.
Le molestie di natura diversa da quella sessuale (che come abbiamo detto sono equiparate alla violenza) non hanno una specifica disciplina e per adesso sono regolate dall’articolo 660 del codice penale come “molestia o disturbo alle persone” (la pena è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro). Se quindi non c’è contatto corporeo (anche fugace ed estemporaneo) tra un soggetto attivo e uno passivo o non è coinvolta la sfera fisica del soggetto passivo e non si mette in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale, si parla di molestia.
Gli atti persecutori, infine (il cosiddetto stalking) sono un’altra cosa ancora. Il nostro ordinamento li riconosce dal 2009 nell’articolo 612-bis nel codice penale. Con il decreto-legge n. 93 del 2013 è stata parzialmente ritoccata la disciplina in attuazione della Convenzione di Istanbul. Perché ci sia reato è necessario che ci sia ripetitività delle condotte di minaccia o molestia, e un comportamento tale da provocare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura o a generare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o persone vicina.
Lo stalking prevede una pena 6 mesi a 5 anni. La pena è aumentata fino a un terzo se il fatto è commesso dal coniuge - anche separato o divorziato - o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, o se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. È aumentato fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi o da persona travisata. Per denunciare un reato di stalking è necessario sporgere querela.
Se pensi di essere stata vittima di violenza o molestia sessuale, o di essere vittima di stalking, rivolgiti a un Centro Anti Violenza.
I numeri della violenza di genere in Italia
Atti persecutori e violenza sessuale sono riconosciuti come reati spia della violenza di genere, e sono fenomeni diffusi e in crescita nella nostra società. Alcuni di essi, quando perpetrati ai danni di una donna che si conosce, possono sfociare in femminicidio. Nel libro No Visible Bruises: What We Don’t Know About Domestic Violence Can Kill Us, scritto da Rachel Louise Snyder, l’autrice individua gli step che portano al femminicidio. Secondo Snyder esiste una vera e propria cronologia del pericolo crescente all’interno dei rapporti di coppia violenti. La relazione violenta ha quindi un’escalation che, nelle sue fasi, comprende spesso gli atti persecutori e la violenza sessuale, e che spesso termina, poco prima del femminicidio, nell’isolamento completo della persona che subisce questi comportamenti. Il “motivo scatenante”, molte volte, è la decisione di lasciare l’uomo abusante. Il periodo più a rischio, sempre secondo Snyder, è per tre mesi dal momento in cui il manipolatore si rende conto che la separazione è definitiva.
Per questo stalking e violenza sessuale sono reati spia di cui non solo le forze dell’ordine devono tenere conto per prevenire violenza di genere e femminicidi (tentati femminicidi, ma anche violenza psicologica, economica), ma che devono allarmare la società tutta. Chi subisce questi comportamenti deve imparare a riconoscerli, che li riconosce nelle altre deve denunciarli. Noi tutte dobbiamo iniziare a parlare, anche tra di noi. Normalizzare la violenza che subiamo non per renderla consueta, ma per farla esistere e riconoscere da tutta la società.
Il rapporto della Polizia di Stato pubblicato l’8 marzo 2024 ci dà i numeri della violenza in Italia.
Come vediamo nella tabella, le violenze sessuali denunciate sono aumentate (probabilmente anche per effetto delle limitazioni dovute alla pandemia). Nel 2023 sono state 6.062, e il 91% delle vittime è di sesso femminile. Purtroppo il rapporto non parla degli autori di violenza ma prendendo un altro documento (ISTAT) relativo al 2022 si evince che delle 6.291 violenze sessuali denunciate solo 133 sono state commesse da una donna, cioè il 2,11% del totale.
Se si parla di stalking, invece, gli atti persecutori nel 2022 sono stati 18.671, e nel 74% la vittima è una donna. A compierli, sempre secondo i dati ISTAT, sono stati 10.146 uomini e 1934 donne (si parla sempre di autori noti, che non corrispondono al totale delle denunce). È chiaro quindi che spesso, anche nel caso in cui la vittima è un uomo, a compiere in prevalenza questi reati sono uomini, proprio come avviene per gli omicidi.
C’è un dato molto interessante da analizzare, e riguarda la distribuzione geografica di questi reati. Lo stalking è denunciato più nel sud e centro Italia: sopra i 40 casi ogni 100.000 abitanti ci sono infatti Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Lazio. Anche i maltrattamenti in famiglia sono diffusi in prevalenza al sud, con un picco di oltre 55 casi denunciati ogni 100.000 abitanti in Campania e a seguire Sicilia, Lazio, Campania e, fuori dal coro, Emilia Romagna.
La violenza sessuale, invece, segue un andamento molto simile alle statistiche sui femminicidi: ha un’incidenza più bassa, con picchi di 16 casi denunciati ogni 100.000 abitanti in Trentino Alto Adige, poi a seguire Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta.
L’ISTAT propone anche il dato scorporato tra autori italiani e autori non italiani (*stranieri*): nei casi di violenza sessuale, il 40% degli autori riconosciuti è straniero.
Ma ci teniamo a ricordare che le violenze sessuali che fanno statistica sono soltanto quelle denunciate. E che è molto più facile denunciare uno *straniero* anziché il proprio compagno di studi, il proprio fidanzato, il vicino di casa, il collega e via dicendo.
Sulle persone con background migratorio ci sono diversi stereotipi e bias.
Nel 1999 Alice Sebold, vittima di violenza sessuale e autrice di Amabili Resti, ispirato alla vicenda della quattordicenne Susie Salmon, stuprata e uccisa, ha pubblicato Lucky, la storia del suo stupro, avvenuto quando aveva 18 anni ed era studentessa universitaria. Sebold riconobbe come suo stupratore un uomo afro-americano. L’uomo ha scontato sedici anni di carcere e anche una volta uscito ha continuato a pagarne le conseguenze (negli Usa chi compie reati sessuali finisce in una lista) finché un giudice non ha ripreso in mano il caso e l’ha completamente scagionato e assolto da ogni accusa. All’epoca Sebold l’aveva riconosciuto tra altri afro-americani, dopo un po’ di incertezza. Sebold ha dichiarato che il bisogno di giustizia le ha fatto commettere un terribile errore e non passa giorno senza che se ne penta.
La storia di Gilberta Palleschi ci ricorda che il pericolo è ovunque: ma proprio perché è ovunque, non dobbiamo mai dimenticare che il pericolo più grande è dentro casa, sul lavoro, a scuola. Insomma, dove abbassiamo le nostre difese. E che la cultura dello stupro è in tutte le società, anche in quella italiana.
Rispondiamo alle vostre domande
Nelle scorse settimane ci sono arrivate alcune domande, e abbiamo pensato a questa newsletter anche per potervi rispondere. Scriveteci a ricordailmionome.podcast@gmail.com
Perché anche in caso di confessione si fanno indagini?
Il sistema processuale penale si basa sul libero convincimento del giudice e non si fa eccezione neanche in caso di confessione.
La confessione è quindi un elemento probatorio che il giudice valuterà, unitamente ad altri, dandone poi conto nella motivazione della sentenza: potrà quindi anche costituire prova sufficiente di responsabilità indipendentemente dall'esistenza di riscontri esterni, purché il giudice motivi le ragioni del proprio convincimento circa l'affidabilità della stessa.
Secondo la giurisprudenza “La confessione può essere posta a base del giudizio di colpevolezza dell'imputato nelle ipotesi nelle quali il giudice ne abbia favorevolmente apprezzato la veridicità, la genuinità e l'attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto di intendimento autocalunniatorio o di intervenuta costrizione del soggetto a smentire le originarie ammissioni di colpevolezza, dovrà allora innegabilmente riconoscersi alla confessione il valore probatorio idoneo alla formazione del convincimento della responsabilità dell'imputato”.
Importantissimo che la confessione sia raccolta nelle giuste modalità, altrimenti sarà inutilizzabile come prova.
Normalmente ad esempio si confessa nel corso di un interrogatorio: il codice di procedura penale dice che se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata o non indagata rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di colpevolezza a suo carico, l’autorità deve interrompere l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti, invitandola altresì a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Se, invece, l’interrogato doveva essere sentito sin dall’inizio in qualità di imputato o di indagato, allora le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Avete presente la famosa frase che si sente anche nei film “hai diritto a rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirai potrà essere utilizzata contro di te ecc ecc”? Ecco, è quello che viene detto ad una persona interrogata in qualità di indagato, che spesso si avvarrà della facoltà di non rispondere anche per consentire all’avvocato di avere più informazioni sul caso e valutare quale sia la strategia difensiva migliore.
La confessione potrà sempre essere ritrattata ma il Giudice la potrà comunque considerare elemento di prova tanto quanto prima della “ritrattazione”, sempre motivando le ragioni del suo convincimento (un po’ come è successo nel caso della strage di Erba).
Ricordiamo Gilberta Palleschi.
Consigli di lettura e altro
No visible bruises, di Rachel Louise Snyder: se leggete in inglese, vi consigliamo questo libro che parla della violenza fatta alle donne e in particolare dei segnali per riconoscere i pericoli.
L’invincibile estate di Liliana, di Cristina Rivera Garza: la famosissima scrittrice messicana racconta, “finalmente”, il femminicidio della sorella Cristina, avvenuto nel 1990. Il Messico è uno dei paesi in cui avvengono più femminicidi, anche di massa, e in cui ci si batte di più per contrastare la violenza di genere.
Oliva Denaro, in scena a teatro con Ambra Angiolini. Avete ancora qualche data a Milano e in provincia di Rovigo per vedere questo incredibile spettacolo portato in scena da Ambra Angiolini. Basato sull’omonimo romanzo di Viola Ardone e ispirato alla vera storia di Franca Viola, che per prima si oppose al matrimonio riparatore dopo lo stupro del suo “spasimante”. Se non potete vederlo a teatro, vi consigliamo il libro.
Il podcast
Ricorda il mio nome è un podcast mensile, lo trovi su Spotify, Apple Music, Amazon Music e Google Podcasts. L’ultimo episodio è uscito oggi, 15 aprile 2024, e racconta la storia di Gilberta Palleschi, da un aggressore sessuale in strada. Il prossimo episodio uscirà il 15 maggio 2024 sulle stesse piattaforme. Se ti piace il nostro lavoro, puoi parlarne, condividerlo sui social e lasciare una recensione sulla piattaforma che usi.
Chi siamo
Anna Bardazzi è nata a Prato e dopo più di dieci anni all’estero oggi vive a Milano. È autrice e copy writer e ha pubblicato il romanzo La felicità non va interrotta (Salani).
Roberta Sandri è avvocata con studio a Trento, si occupa principalmente di diritto di famiglia, dei minori e della persona, svolgendo anche la funzione di curatore speciale del minore e coordinatore genitoriale. Ha una specializzazione in Scienze Criminali ottenuta presso l’Università Montesquieu di Bordeaux.