Tutte le bugie degli uomini
La scomparsa di Mara Favro, il caso di Soukaina El Basri, la ricostruzione di Impagnatiello e la morte dal cavalcavia di Giada Zanola
C’è un fil rouge che unisce la violenza di genere, ed è fatto di menzogne e manipolazione. Un uomo mente e manipola quando fa love bombing, mente e manipola durante la violenza, mente e manipola durante e dopo un femminicidio. Se sperate che un uomo vi racconti cos’è successo veramente a una donna che denuncia, che scompare o che è morta, sperate male. Ecco qualche esempio degli ultimi giorni.
Un altro allontanamento volontario
Vi abbiamo già parlato di statistiche, di chi scompare maggiormente in Italia. No, non sono le donne, ma sono i minori migranti. In prevalenza si tratta comunque di uomini, ci sono molte persone vecchie e poi c’è qualche caso di donna. Tra queste, nelle ultime settimane, c’è anche Mara Favro, scomparsa da Susa (TO) l’8 marzo.
La famiglia ha sporto denuncia non avendo più sue notizie. La donna è separata ma in buoni rapporti con l’ex marito, e insieme hanno una figlia adolescente. Aveva da poco trovato un nuovo lavoro in un ristorante e l’ultimo ad averla vista è proprio il proprietario del locale. Sulla denuncia la sua scomparsa è stata classificata - dalle forze dell’ordine - come un allontanamento volontario.
Un’altra donna nel pieno delle sue facoltà, madre di una ragazzina che l’aspetta a casa e a cui è legatissima, che si allontanerebbe nel nulla senza dare più notizie. Sono le forze dell’ordine a stabilire se sia necessaria un’indagine: senza di quella non si controllano i tabulati, non si interroga nessuno, non si approfondisce.
Come spesso capita in caso di scomparsa la famiglia, per avere aiuto, si è rivolta a Chi l’ha visto?, che ha iniziato a fare qualche ricerca. Mara ha lavorato la sera del 7 marzo nel locale in cui era stata appena assunta, e finita la serata è rientrata verso casa facendosi dare un passaggio dal pizzaiolo. A un certo punto del tragitto, ormai lontani dal ristorante, la donna si è accorta di aver lasciato le chiavi di casa in un cassetto del locale, e quindi è dovuta tornare indietro. Il pizzaiolo, essendo ormai tardi, non l’ha riaccompagnata: secondo la sua testimonianza l’ha lasciata poco distante da una stazione di servizio.
A quel punto, secondo il racconto dell’altro uomo coinvolto, cioè il proprietario del ristorante, Mara avrebbe chiesto un passaggio a un TIR, sarebbe arrivata al locale, avrebbe preso le chiavi e sarebbe ripartita. Il datore di lavoro le avrebbe proposto di restare a dormire in una delle stanze al piano di sopra, vista l’ora, ma lei avrebbe preferito mettersi in cammino - in piena notte, erano le 3 passate - lungo una strada statale di montagna: il ristorante si trova in Alta Val di Susa, a Chiomonte, e lei abita a Susa, a quasi 10km di distanza. La prima cosa strana, quindi, è che alle forze dell’ordine sia apparso normale che una donna, dopo una giornata di lavoro, decida di mettersi in cammino in piena notte su una strada secondaria, poco illuminata e molto lunga.
Il secondo aspetto che dovrebbe portare chi di dovere (e non Chi l’ha visto?) ad approfondire sono le dichiarazioni dei due uomini coinvolti. Oltre a quanto abbiamo scritto, il proprietario, intervistato dalla troupe di Federica Sciarelli, ha dichiarato che la mattina successiva ha ricevuto un messaggio dal pizzaiolo in cui gli diceva che Mara non sarebbe più andata a lavorare. “Ce l’ha questo messaggio?”, gli chiede il giornalista. “No”, risponde lui, “perché il mittente l’ha eliminato”. Peccato che nella chat mostrata alla telecamera si veda chiaramente che nessun messaggio è stato eliminato. Presente, no?, quando qualcuno elimina un messaggio che ha scritto, a chi lo aveva ricevuto appare la scritta:
Ecco, questa scritta nella chat tra il pizzaiolo e il proprietario non c’è. Il pizzaiolo nega inoltre di aver mandato quel messaggio, ma dichiara di averne inviato uno uguale giorni prima, quando Mara aveva detto di non voler più andare a lavorare ma poi aveva cambiato idea. Dopo aver ricevuto il presunto messaggio dal pizzaiolo - o poniamo che il proprietario si sia confuso col messaggio ricevuto giorni prima - l’uomo ha scritto a Mara: non puoi lasciarmi così su due piedi. Ma il messaggio è rimasto con una sola spunta.
Il pizzaiolo racconta inoltre che dopo che le forze dell’ordine sono passate dal locale, il proprietario gli ha chiesto di inoltrargli di nuovo il messaggio di Mara di qualche giorno prima. I due si rimbalzano le versioni. Chi dirà la verità?
Si sa che il telefono di Mara ha funzionato ancora, dopo la sua scomparsa. Quella stessa notte, fino alle 5.47, ha inviato diverse canzoni alla figlia e nella chat della scuola. In pratica, mentre camminava al buio su una strada pericolosa avrebbe continuato a condividere file musicali. Ha anche inviato una foto inquietante (un selfie al buio, in cui si vedono solo i denti).
Secondo il proprietario del locale, Mara aveva appuntamento, la mattina dell’8 marzo, con un poliziotto di Cuneo. E l’uomo avrebbe anche ricevuto un messaggio da un cliente del ristorante che giura di aver visto Mara in un autogrill ad Asti nei giorni successivi alla scomparsa.
Mara inoltre deve assumere una terapia giornaliera e si sarebbe allontanata solo col telefono. In casa sua è tutto in ordine, ma sono stati trovati alcuni strani messaggi con parole come “carabinieri”, “autopsia”, “medico legale”, “10 marzo 2024”, “Napoli”. Grazie all’intervento di Chi l’ha visto? e dell’associazione Penelope, quella fondata da Gilberto Claps che offre supporto alle famiglie delle persone scomparse, finalmente sono iniziate le indagini, e verranno acquisiti i tabulati telefonici di Mara. Vedremo quindi chi mente e chi dice la verità.
Impagnatiello, la realtà supera la fantasia
Se pensavate di aver sentito tutto sul femminicidio di Giulia Tramontano (che, ricordiamo, ha causato anche la morte di suo figlio Thiago, di cui era incinta), è perché non avete ancora ascoltato Impagnatiello che spiega in tribunale come sono andate le cose.
La difesa nel processo penale è un diritto inalienabile, e l’esame dell’imputato fa parte del diritto di difesa. Ma l’esame di Impagnatiello, peraltro proprio il giorno del primo anniversario della morte di Tramontano, è davvero agghiacciante.
Confessa quanto non può negare e mente clamorosamente sulle circostanze che comporterebbero l’aggravante della premeditazione, e quindi (verosimilmente) una condanna all’ergastolo. Confessa come strategia di difesa perché spera, così, di ottenere le attenuanti. Possono essere considerate attenuanti, per esempio, la confessione stessa ma anche il comportamento collaborativo durante il processo e il pentimento.
Difendersi è un suo diritto, certo. Immaginatevi però la famiglia Tramontano che assiste a questo teatrino: come d’abitudine, Impagnatiello aveva una risposta a tutto.
Aveva già iniziato quando, durante le ricerche di Giulia (ancora non si sapeva che fosse morta) le forze dell’ordine erano andate a casa della coppia. Un agente apre lo zaino dell’uomo e dentro ci trova del veleno per topi. E questo?, gli chiede. Lui risponde senza esitazione: lo usava per i topi che c’erano in strada quando si fermava a fumare le canne dopo il lavoro.
Qui c’è il video della scenetta: consigliamo di guardarlo per apprezzare fino in fondo l’arroganza.
E poi al processo aggiunge: sì, l’ha dato a Giulia a sua insaputa (non può smentire le analisi del capello) ma ne ha dato solo un micro-cristallo e non voleva farle del male, figuriamoci, voleva solo farla abortire (poi l’ha uccisa con 37 coltellate, ma è stato un black out, non voleva farle male, non ricorda nulla infatti, del numero di colpi “l’ho saputo dal telegiornale”).
Le indagini hanno appurato che non vi erano tracce di sangue sul tappeto e sul divano di casa; verosimilmente erano stati coperti o spostati (perché sapeva cosa stava facendo): no, dice che il tappeto l’aveva lavato Giulia (ricordiamoci che pioveva in quei giorni a Milano, ma Giulia, nel bel mezzo del periodo peggiore della sua vita - aveva appena saputo della doppia vita e del castello di bugie del compagno - non aveva di meglio da fare che lavare un ingombrante tappeto del soggiorno). Il divano? L’ha semplicemente pulito dopo e contrariamente a ogni logica il sangue è magicamente sparito anche per il luminol.
E il cloroformio? Voleva costruire un acquario, il suo sogno sin da quando era bambino! Il nome falso sull’ordine? Ma è perché temeva di poter avere problemi, è illegale comprare cloroformio. Non si sa però perch{ mancasse mezza boccetta e non ci fosse traccia, in casa, di altre componenti per il fantomatico acquario.
C’è da dire che questo atteggiamento potrebbe al contrario ritorcersi contro di lui, perché i Giudici potrebbero ritenere che se continua a mentire, non è affatto pentito ma pensa solo al proprio tornaconto.
Ma la faccia tosta di chi si presenta in tribunale e continua a trovare giustificazioni e spiegazioni, e che continua a sminuire il proprio gesto come fosse normale ammazzare una donna e il bambino che porta in grembo, è sempre la stessa. Trovatene uno che chiede scusa. L’avete trovato? Ecco.
Un bizzarro tentativo di suicidio
Ancora non sappiamo cosa sia successo a Soukaina El Basri, trent’anni, arrivata in pronto soccorso in fin di vita giovedì 16 maggio. Il marito dice agli operatori del 118 che è caduta su uno spigolo, sarebbe stata lei a fornirgli questa versione, ancora cosciente. Lei conferma agli operatori e poi perde conoscenza. Pare che abbia avuto un lunghissimo arresto cardiaco, causato da una emorragia interna. Aveva un “foro” sul petto, incompatibile con lo spigolo.
Il marito viene interrogato, arrestato e condotto in carcere la sera del 24 maggio, poi viene scarcerato, con divieto di avvicinamento. Adesso ha il braccialetto elettronico e l'obbligo di firma perché gli viene contestato il reato di maltrattamenti.
In maniera anomala (e illegittima) il suo interrogatorio finisce sui giornali. Non è un’intervista quella che viene pubblicata: è l’interrogatorio.
Lui parla di un tentato suicidio della compagna, la storia dello spigolo è stata detta per non farla finire in psichiatria.
Perché ha mantenuto quella versione anche al pronto soccorso? Non ha pensato che i soccorsi avrebbero potuto intervenire diversamente se consapevoli della lesione?
«Non ci ho pensato. Volevo rispettare questa sua ultima volontà» (la dava già per morta?).
Lei lo aveva già denunciato per maltrattamenti, gli amici e l’agente di Siu parlano di una gelosia morbosa, dicono che la controllasse e limitasse in tutto.
Lui nega: «Non è vero, io la lasciavo libera e non le controllavo il telefono».
Lei però ha scoperto quella relazione che ci diceva perché le controllava il telefono.
«È capitato, ma comunque lei mi ha tradito tante volte, anche perché vedeva tante persone e ci usciva. Se lei usciva con degli uomini e non me lo diceva per me è tradimento».
Ma lei come fa a saperlo? Se sua moglie non lo diceva e lei non controllava il telefono come faceva a saperlo se non seguendola? E soprattutto: perché l’uscita con il sesso maschile equivale a tradimento? Non poteva trattarsi di amici?
«Se non avesse avuto qualcosa da nascondere me l’avrebbe detto».
Comportamenti e ragionamenti da uomo amorevole, insomma.
Intanto Soukaina El Basri è uscita dal coma farmacologico e potrà raccontare la sua versione dei fatti. Anche se è bene ricordare che spesso, nei casi di violenza, la verità non viene mai a galla perché fa troppo paura dirla ad alta voce.
Un bizzarro tentativo di suicidio 2
Mentre scrivevamo di Soukaina El Basri è arrivata la notizia che Giada Zanola, sua coetanea (aveva 34 anni) non si è suicidata come si era pensato in un primo momento, ma sarebbe stata lanciata dal cavalcavia dell’autostrada dal marito. Sì, come si faceva coi sassi.
Zanola è stata ritrovata morta nelle prime ore del mattino del 29 maggio sull’A4 Torino-Venezia, all’altezza di Vigonza (Padova). Inizialmente si è ipotizzato che si fosse gettata. Il cavalcavia da cui è caduta è a poca distanza da casa sua. Col passare del tempo, però, gli inquirenti hanno capito che qualcosa non andava e hanno infine arrestato il suo compagno con l’accusa di omicidio volontario. Lui avrebbe già fatto le prime parziali ammissioni. I due avrebbero litigato e la donna si sarebbe allontanata dall’abitazione. Lui l’avrebbe raggiunta sul cavalcavia e, ancora litigando, l’avrebbe spinta facendola cadere.
Agevoliamo foto del cavalcavia:
Un luogo sicuramente a rischio caduta a causa di uno spintone.
Dalle prime ricostruzioni sembra che fossero già in atto dei maltrattamenti. Sul corpo della donna sarebbero stati rinvenuti lividi o escoriazioni non riconducibili alla caduta o all'investimento (Zanola è morta non per la caduta di 15 metri, ma perché è stata travolta da un camion), dunque indicativi di precedenti traumi.
Se tutti i femminicidi fossero un raptus come si vuol far credere, se fosse il troppo amore, avremmo uomini in ginocchio a strapparsi i capelli e a battersi il petto. Invece abbiamo le procure e i tribunali pieni di arroganti che hanno tutti una spiegazione (voleva portarmi via il bambino - mi aveva umiliato - mi aveva tradito - ma non volevo VERAMENTE ucciderla, ecc).
La spiegazione è solo e soltanto una: che non sanno accettare che una donna dica NO.
I femminicidi dal 1° al 31 maggio 2024
Silvana Bagatti aveva 75 anni e viveva a Parma. Non aveva figli e viveva sola col marito. Aveva problemi di salute e, stando a quanto racconta chi la conosceva, soffriva da tempo di depressione e raramente usciva di casa. È stata uccisa dal marito il 15 maggio 2024.
Loredana Molinari aveva 78 anni e viveva col figlio di 55 a Chiaravalle. Il figlio l’ha uccisa il 15 maggio 2024 con tre martellate in testa e poi si è ucciso. Non ci sono informazioni su di lei.
Sofia Stefani aveva 33 anni e lavorava nella polizia locale di Anzola Emilia. Era una donna sportiva, con molti interessi, impegnata in politica come militante e nel sociale. Aveva svolto il servizio civile nel 2020 e partecipava attivamente alla vita pubblica di Anzola Emilia. Era volontaria per le Cucine Popolari, e serviva pasti per le persone in difficoltà. Amava il basket e il pattinaggio artistico. È stata uccisa da un collega ed ex amante, il 16 maggio 2024.
Saida Hammouda aveva 47 anni ed era nata in Tunisia. Viveva da molti anni in Italia e aveva scelto di diventare cittadina italiana circa un anno fa. Era madre di due adolescenti, un ragazzo di 16 anni e una ragazzina di 12 anni. Viveva, col marito e i figli, a Riccò del Golfo di Spezia. Saida lavorava come addetta alle pulizie. La donna litigava spesso col marito, che non approvava il suo percorso di emancipazione. Le discussioni principali, però, sembra che riguardassero l’educazione della figlia. Saida aveva denunciato il marito perché picchiava lei e la figlia. Lui aveva ricevuto un divieto d’avvicinamento ma l’ha uccisa il 20 maggio 2024. Due giorni dopo gli avrebbero messo il braccialetto elettronico.
Maria Benfante aveva 89 anni e viveva a Borgetto, in provincia di Palermo. È stata uccisa a martellate dal figlio il 26 maggio 2024.
Giada Zanola aveva 34 anni ed era originaria di San Zeno Naviglio, in provincia di Brescia. Viveva a Vigonza (PD) ed era madre di un bambino di 3 anni. Lavorava come commessa e aveva la passione per la moda e le sfilate. Amava molto i cani. È stata lanciata da un cavalcavia dal marito il 29 maggio 2024.
Uomini, il silenzio assordante.