Gli uomini che uccidono sono tutti narcisisti?
Ciccolini, Impagnatiello e gli altri narcisisti che non sono pazzi, eppure uccidono in preda alla pazzia (secondo i loro avvocati difensori).
Un gravissimo affronto
La perizia psichiatrica dovrebbe essere richiesta qualora elementi antecedenti al delitto facciano ipotizzare un disturbo o una patologia tali da compromettere, del tutto o parzialmente, la capacità di intendere e di volere. Ormai è prassi richiederla abitualmente nei casi di femminicidi o i figlicidi. Crimini talmente atroci per cui si cerca una spiegazione (anche se la spiegazione è molto semplice, di solito, senza andare a scomodare la psichiatria).
Non è un caso che si parli spesso di “raptus”, “obnubilamento”, “cinque minuti di follia”, non solo sui media ma anche nelle strategie difensive. Gli avvocati di Vittorio Ciccolini, reo confesso del femminicidio di Lucia Bellucci nel 2013, hanno sostenuto che l’uomo fosse stato colto da un raptus improvviso.
Il giudice ha disposto una perizia psichiatrica per accertare eventuali vizi di mente. La perizia non ha evidenziato alcun tipo di compromissione. Si parla soltanto di
un disturbo di personalità connotato da egocentrismo, tendenza manipolativa, impulsività e scarsa capacità di individuare i sentimenti altrui
e ancora
personalità disarmonica e caratterizzata da tratti narcisistici e borderline, rientranti nel disturbo di personalità di cluster B
Oggi il termine “narcisista” viene utilizzato in maniera semplicistica e diffusa per indicare chiunque ci faccia soffrire o abbia comportamenti egocentrici ed egoistici. In realtà, un conto è l’uso comune della parola (abusata) narcisista, un altro conto è la diagnosi di disturbo narcisistico della personalità, riconosciuto dal DSM-5 come uno dei disturbi di personalità del cosiddetto Cluster B, cioè l’insieme di disturbi caratterizzati da comportamenti drammatici e altamente emotivi.
La personalità narcisistica prevede senso di superiorità (grandiosità), esigenza di ammirazione e mancanza di empatia (dal DSM-5). Le persone con disturbo narcisistico sono particolarmente sensibili ai fallimenti, alla sconfitta, alle critiche, e spesso la reazione a questo tipo di situazioni è la rabbia, oppure al contrario la depressione.
La diagnosi di DNP si fa con colloqui e test, non sui social né per interposta persona. Il narcisismo di per sé non è negativo, a meno che non diventi patologico, e solo una diagnosi può fare chiarezza. Tra i test utilizzati per delineare eventuali disturbi della personalità ci sono il TAT e il Rorschach. Vittorio Ciccolini è stato sottoposto a entrambi. Per farla (molto) breve: entrambi sono test proiettivi, il primo mostra delle scene di vita precise e chiare e la persona intervistata deve raccontare quello che immagina, mentre il secondo mostra delle figure che devono essere interpretate.
Nel caso di Ciccolini, il TAT somministrato durante la perizia
aveva dimostrato che il ricorrente tendeva a forgiare la realtà per conformarla alle proprie fantasie narcisistiche e megalomaniche, alle quali l’altro/gli altri dovevano uniformarsi
Secondo il perito, però, Ciccolini non avrebbe nemmeno un disturbo della personalità, ma soltanto alcuni tratti narcisistici. Il giudice ha quindi sentenziato che è da ricercare
la reale scaturigine dell’omicidio in una ferita narcisistica dovuta al fatto che era stato vissuto come un affronto e cioè la ferma risoluzione della vittima di mettere da parte l’ormai terminata relazione e di non farsi irretire da lusinghe persuasive
I disturbi della personalità possono incidere sulla capacità di intendere e di volere solo quando sono gravi e, secondo la Cassazione,
a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale
In pratica, non basta sentirsi offesi perché si è un po’ pieni di sé per giustificare l’uccisione di una persona. E per fortuna.
Impagnatiello è pazzo?
Il processo ad Alessandro Impagnatiello, assassino della compagna Giulia Tramontano e del bambino che aspettavano, uccisi nel maggio 2023, prosegue con la richiesta di una perizia psichiatrica. Come abbiamo detto, la perizia può essere richiesta per determinare se la persona accusata è capace di intendere e di volere e quindi imputabile (cioè se può essere processata), oppure per determinare un vizio parziale (con relativo e successivo sconto di pena). Essendo stata chiesta a processo già iniziato, in questo caso dovrà determinare se qualcosa ha viziato la mente di Impagnatiello e se quindi l’uomo merita sconti.
Il processo a Impagnatiello è iniziato a gennaio 2024. Lo psichiatra Raniero Rossetto, consulente nominato dalla difesa, ha sostenuto durante la sua testimonianza che il fatto di essere stato scoperto ha provocato nell’uomo
un vero e proprio psicotrauma, una ferita narcisistica estremamente potente. Si è trovato scoperto rispetto a tutto questo piano che aveva lavorato
E aggiunge:
lui ha perso un po' il senso della realtà. Non parlo di capacità o incapacità di intendere e volere, perché non siamo in ambito peritale. Però questo è successo. È il cosiddetto 'delirio lucido': pure chi delira può essere lucido
La psicologa che ha somministrato i test a Impagnatiello sostiene poi che possa soffrire di un disturbo della personalità di tipo paranoide e con una parte ossessiva.
Dal canto suo, Impagnatiello dice qualcosa tipo: il fatto di essere andato a dire alla mia compagna che avevo un’altra relazione dimostra che stavo impazzendo, però non sono pazzo. Anzi, più precisamente:
Essere così superficiale da andare a confessare la relazione parallela alla mia compagna in gravidanza era l'ennesimo sintomo che la mia testa stava impazzendo. Non sto dicendo che io sia pazzo, ho sperato di crederlo, ho voluto credere di essere pazzo. Non penso di essere pazzo
Il giudice ha quindi tenuto conto della consulenza della difesa, che ritiene che Impagnatiello, considerato tutto quello che ha fatto, debba per forza aver perso la testa. Eppure lo psichiatra parla di ferita narcisistica: ci ricorda niente?
Gli esperti saranno nominati a fine giugno, ci vorrà ancora qualche mese per capire se Impagnatiello si vedrà riconoscere qualche vizio di mente e quindi uno sconto, o se semplicemente la sua grandiosità non poteva essere messa in dubbio da due donne che volevano scrivere la propria storia senza subire da lui.
Ricordiamoci che il femminicidio è l’omicidio di una donna di cui non si tollera l’autodeterminazione. E qui di donne che volevano autodeterminarsi ce ne sono addirittura due.
Il femminicidio di Lorena Quaranta: psicosi o narcisismo?
La mattina del 31 marzo 2020, in pieno lockdown, un uomo di Furci Siculo, in provincia di Messina, chiama i Carabinieri dicendo di aver trovato trovato, al risveglio, la compagna morta. La donna si chiama Lorena Quaranta e studiava medicina. Lui è un infermiere.
All’arrivo delle forze dell’ordine, però, ammette subito di averla uccisa nella notte, al culmine di una lite. In stato confusionale, dice di aver avuto paura che la donna gli avesse trasmesso il Covid. Gli esami hanno smentito il contagio.
Il GUP respinge in un primo momento la richiesta di perizia psichiatrica, per poi concederla. Il consulente della difesa sostiene che l’uomo, al momento del delitto, soffrisse di un delirio psicotico di primo livello e che quindi la sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti fosse compromessa. Durante la perizia, l’uomo si rifiuta di completare i test TAT e Rorschach. Il perito nominato dal tribunale parla di una personalità con tratti perfezionistici e narcisistici, ma non ritiene che la condizione dell’imputato possa essere definita patologica. L’uomo era capace di intendere e di volere quando ha strangolato la compagna.
Un team di ricerca italiano ha effettuato uno studio proprio su questo caso, ritenendo che il delirio psicotico ipotizzato dal consulente della difesa nascondesse (bene) invece una netta personalità narcisistica. In effetti, durante il lockdown e nei periodi successivi sono stati registrati dei casi di psicosi brevi dovuti alle condizioni estreme in cui ci siamo ritrovati a vivere. Nessuno di questi casi, però, è sfociato in episodi di violenza come questo.
Ecco alcuni passaggi della ricerca utili per capire:
La nostra ipotesi è che il crimine che ha coinvolto il signor K fosse basato sulla sua struttura di personalità prevalentemente narcisistica, anche se molto nascosta. L'associazione tra tratti narcisistici della personalità e comportamento violento è emersa come significativa in alcuni studi, in particolare quando si configurano come deliri di natura grandiosa, euforia e rabbia.
E ancora, sulla personalità dell’uomo:
Non si considerava una persona gelosa e possessiva, ma poi rivelò di aver controllato il telefono della vittima e di avere il suo codice di sicurezza. Inoltre, aveva conosciuto la vittima in un contesto sanitario, dove esercitava la professione di infermiere mentre lei era studentessa di medicina. Sebbene non sia possibile conoscere alcun conflitto conscio o inconscio legato a questa disparità di ruoli, data la sua chiusura al dialogo, la superficialità emotiva del signor K e la sua opposizione ai test proiettivi, sono emersi alcuni fatti suggestivi. La vittima si sarebbe laureata poco dopo il tragico evento, diventando così medico; lo ha esortato a “migliorare professionalmente”; intendeva tentare un nuovo corso di studi in odontoiatria, corso che però era molto difficile in termini di accesso, a causa del numero limitato di posti, e successivamente da completare. Tutto ciò avrebbe potuto far sentire il signor K costretto ad una condizione d'inferiorità rispetto alla sua compagna, determinandone una ferita narcisistica. Il signor K ha poi descritto il suo rapporto con la vittima in termini idealistici, superficiali e, ancora una volta, contraddittori: hanno sempre avuto un rapporto sereno, salvo avere “i litigi di tutte le coppie”. Le principali qualità che riconosceva alla vittima erano quelle di condividere gli stessi interessi, ovvero lo shopping e la moto. Significativo è anche un altro fatto, secondo cui il giorno prima dell'omicidio aveva trascorso la serata con un amico giocando ai videogiochi. Il signor K. non ha trovato tale comportamento incongruente con lo stato di angoscia denunciato per la pandemia, evidenziando come l'aggressività fosse polarizzata esclusivamente nei confronti della vittima.
L’uomo non ha dimostrato alcun dispiacere per la morte della compagna. La sua incapacità di provare rimorso e pietà coinciderebbe con la definizione di personalità narcisistica. Il narcisismo combinato all'indifferenza psicopatica verso le vittime aumenta, secondo gli studi, il rischio di violenza grave.
Nel 2013 l’APA (American Psychologist Association) stimava che circa il 6% della popolazione soffrisse di disturbo narcisistico della personalità, e che di questo 6% tra il 50 e il 75% fosse composto da uomini. Sempre l’APA sostiene che il narcisismo aumenti le possibilità di violenza e aggressività, e che non sia necessario arrivare a un livello patologico (quindi DNP). Il rischio è aumentato per qualsiasi tipo di violenza: fisica, verbale (anche indiretta, come pettegolezzi), bullismo, aggressioni casuali. In generale, i sentimenti di superiorità e grandiosità portano le persone narcisiste ad attaccare ma anche a credere di essere speciali e di meritare quindi un trattamento speciale. Per questo non si scusano, non si pentono, sono sprezzanti e sfidano le autorità.
In definitiva, avere tratti narcisistici può rendere le persone più inclini alla violenza. Ma:
Non significa che non siano in grado di capire quello che stanno facendo (la capacità di intendere e di volere spesso non è intaccata)
Bisogna analizzare, come spiega uno studio, i fattori socio-culturali e ambientali. Non tutti i narcisisti uccidono, ma molti di quelli che uccidono hanno tratti narcisistici. È arrivato il momento di capire con un approccio multidisciplinare fin dall’infanzia come accompagnare queste persone all’età adulta.
In sostanza, le malattie mentali non causano delitti. Solo una minima parte dei reati è compiuto da persone che hanno anche un disturbo o una malattia mentale. Anche in presenza di un disturbo diagnosticato, questo deve essere di elevata intensità e gravità, e in qualche modo avere un nesso con il reato.
Secondo gli studi, solo una minuscola e statisticamente insignificante percentuale di femminicidi avviene per mano di individui con una diagnosi di disturbi mentali. I femminicidi sono la conseguenza di un mix letale di cultura, educazione e contesto socio-economico. Il fenomeno dei femminicidi non dovrebbe essere trattato come un’emergenza ogni volta che ne avviene uno che sconvolge particolarmente l’opinione pubblica, ma facendo prevenzione, cercando di decostruire la cultura patriarcale.
Il podcast
Ricorda il mio nome è un podcast mensile, lo trovi su Spotify, Apple Music, Amazon Music, Google Podcasts e YouTube. L’ultimo episodio è uscito oggi, 15 giugno 2024, e racconta la storia di Lucia Bellucci, uccisa dal suo ex che non ammetteva la fine della relazione. Il prossimo episodio uscirà il 15 luglio 2024 sulle stesse piattaforme e sarà un episodio speciale, che conterrà tre storie. Se ti piace il nostro lavoro, puoi parlarne, condividerlo sui social e lasciare una recensione sulla piattaforma che usi.
Chi siamo
Anna Bardazzi è nata a Prato e dopo più di dieci anni all’estero oggi vive a Milano. È autrice e copy writer e ha pubblicato il romanzo La felicità non va interrotta (Salani).
Su Instagram è @bardazzi.anna
Roberta Sandri è avvocata con studio a Trento, si occupa principalmente di diritto di famiglia, dei minori e della persona. Ha una specializzazione in Scienze Criminali ottenuta presso l’Università Montesquieu di Bordeaux.
Su Instagram è @avvocata.di.famiglia